Ancora oggi in Italia una donna ha molte più probabilità rispetto a un uomo di subire attacchi personali (o vero e proprio hate speech) online.
Internet è considerato oggi come il luogo per eccellenza della libertà di espressione, ma è anche il luogo in cui circolano senza sosta commenti negativi o inappropriati. Nei casi più gravi, sono vere e proprie incitazioni all’odio (hate speech) scagliate da individui che si celano dietro a uno schermo, incuranti delle conseguenze. Ancora oggi, in Italia, una donna ha molte più probabilità rispetto a un uomo di trovarsi al centro di questi attacchi. È quanto emerge da alcuni dati pubblicati in occasione della Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che cade il 25 novembre.
Il Barometro dell’odio di Amnesty International
Il Barometro dell’odio è un’indagine che la ong Amnesty International ha già condotto in passato, per le elezioni politiche del 2018 e quelle europee del 2019. Per questa nuova edizione ha scelto venti personalità italiane che si distinguono nel campo della politica, dello sport, dello spettacolo e dell’informazione. Dieci uomini e dieci donne. Per cinque settimane, tra novembre e dicembre 2019, ha monitorato i post che hanno pubblicato su Facebook e Twitter, i commenti ricevuti e i messaggi in cui altri utenti li citano con nome e cognome, per un totale di 42.143 contenuti. Questi ultimi sono stati valutati uno per uno da una squadra di attivisti, ed esperti.
Le donne sono le più colpite dall’hate speech
Dai numeri emerge una verità che fa riflettere: l’odio online non è un’eccezione, bensì una costante. Sugli oltre 42mila contenuti esaminati, il 65 per cento ha un’accezione negativa. Nella maggior parte dei casi si tratta di semplici critiche o polemiche, ma il 14 per cento è offensivo, discriminatorio o – nello 0,7 per cento dei casi – può essere catalogato a pieno titolo come hate speech, cioè come un discorso di incitamento all’odio che colpisce gruppi specifici a rischio di discriminazione.