Delle affermazioni sostenute di fronte ad uno schermo hanno effetti cosi diversi rispetto a quelli faccia a faccia?

Molto spesso notiamo come sui maggiori social network vi siano commenti di ogni genere, specie per quanto riguarda le notizie più calde e che dividono la critica.

Non tutti sanno però che, come nella vita reale, anche i mezzi di comunicazione virtuale impongono il rispetto di certe regole e di determinati comportamenti.

Di fatti un utente che si affaccia sul mondo digitale dovrà comunque rispettare, e ovviamente dovrà a sua volta veder rispettato, l’onore, la reputazione e la privacy degli altri soggetti che interagiscono con lui.

Molte volte il fatto di scrivere lontano dal nostro interlocutore non fa percepire il tenore delle parole che utilizziamo, e quindi ci sentiamo più distaccati e magari liberi di “esprimerci” rispetto quanto avremmo fatto in una conversazione faccia a faccia, ma non è esattamente cosi.

La violazione delle norme che impongono dei decorosi comportamenti sociali può avere diverse conseguenze anche sul web, si può partire da semplici sanzioni amministrative sino a sfociare in veri e propri reati.

Tra le varie condotte che potrebbero essere giudicate antigiuridiche si evidenzia come degli insulti riportati su una piattaforma di comunicazione possa configurare il reato di diffamazione, sempre che questo avvenga su bacheche pubbliche o contesti visibili da più utenti e non su chat private.

Infatti è sufficiente anche un solo commento cattivo e gratuito, che leda l’altrui reputazione, per far si che si commetta il reato descritto all’articolo 595 del codice penale, qual’è il motivo? Il commento come sopra descritto è considerato un reato perché un insulto o un’offesa riportati su un social network possono essere visibili da un moltitudine di persone ed in un tempo brevissimo, così che la permanenza dello stesso anche per pochi minuti può giungere ad un altissimo numero di potenziali utenti.

Il ragionamento dei Giudici italiani che ha portato a considerare rilevante e meritevole di tutela l’attività delittuosa sui social network e nel considerare la stessa come una vera e propria diffamazione ha iniziato a prendere piede già dal 2015 e si è andata via via consolidando nel tempo; ne consegue che oltre ad essere tutelata a livello penale la persona offesa ha diritto ad un risarcimento economico, come ristoro per la reputazione lesa, che viene considerato caso per caso a seconda di diversi fattori derivanti dal contesto in cui è avvenuta.