fbpx
Tu mi provochi? Ed io attacco!

Tu mi provochi? Ed io attacco!

Vi sono casi in cui sebbene si configurano tutti gli elementi tipici della diffamazione o dell’ingiurie queste ultime possono essere “giustificate”.

Nel nostro ordinamento penale le cause di giustificazione, o determinate condotte descritte ad hoc a seconda dei casi e dei reati, sono situazioni in cui un fatto, che altrimenti costituirebbe illecito penale, è accettato dall’ordinamento e quindi non viene perseguito.

Nel caso specifico della diffamazione, anche on line, un commento offensivo o diffamatorio può essere ritenuto dall’ordinamento come “giustificato” se lo stesso viene determinato da uno stato d’ira causato dall’altra parte.

Tale situazione viene definita appunto come provocazione, ovverosia quando un soggetto risponde con toni aspri e duri poiché aizzato dai precedenti post o commenti dell’utente che successivamente si è visto diffamare o ingiuriare.
Di fatti in caso di diffamazione un’apposito articolo del codice penale, il 599, stabilisce “Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall’articolo 595 (diffamazione) nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso!”.

Il ragionamento che sta dietro questa scelta legislativa si basa sull’idea che la condotta illecita è stata una mera reazione ad un precedente comportamento dello stesso soggetto leso responsabile del successivo reato.

Ovviamente la reazione dev’essere giustificata e proporzionata alla provocazione e non può essere un mero pretesto per poter liberamente vessare chiunque, dunque sarà compito del giudice valutare in concreto, a seconda del caso, se la diffamazione sia avvenuta come conseguenza di una provocazione e le motivazioni che ne hanno giustificato l’esplosione rabbiosa.

AntiHater.it

Leggi di più
Ingiuria e diffamazione, quali sono le conseguenze?

Ingiuria e diffamazione, quali sono le conseguenze?

L’esternazione di parole negative nei confronti di altre persone ha diverse conseguenze a seconda delle modalità e della situazione in cui essa avviene. Un esempio è la differenza esistente tra ingiuria e diffamazione e le relative conseguenze.

Sul piano pratico l’ingiuria si verifica in caso di insulto diretto verso un’altra persona presente (o in una chat privata nel caso di comunicazione tramite social) mentre per la diffamazione è fondamentale l’assenza del soggetto destinatario di invettiva e che tale insulto si rivolga almeno verso due interlocutori.

Differenti sono anche le conseguenze, di fatti mentre la diffamazione è un reato, che nella forma base prevede la reclusione fino ad un anno, l’ingiuria è stato depenalizzata dal 2016 dunque il comportamento come sopra descritto non costituisce reato ma è previsto come un illecito civile.

Inoltre, delle parole ingiuriose possono sfociare anche in vere e proprie minacce, anch’esso reato, quando la portata delle affermazioni rivela l’intenzione di arrecare un danno ingiusto all’individuo che le subisce, purché si verifichi è necessario ingenerare nell’interlocutore un timore reale, idoneo e concreto rispetto alle azioni ingiuste prospettate.

In tutti i casi riportati, ad ogni modo, è previsto un risarcimento da esigere al termine del giudicato penale o in separata sede civile considerando sempre, per definire il quantum, i tipi di offesa arrecati, le modalità e la gravità delle stesse.

AntiHater.it

Leggi di più
Il fenomeno dell’Hate Speech

Hate Speech, il fenomeno dell’odio sul web

Le espressioni particolarmente ingiuriose costituiscono gran parte dei post in internet e vanno stigmatizzate. Cosa s’intende oggi con il fenomeno chiamato Hate Speech?

La diffamazione su internet si può concretizzare in maniera differente e non necessariamente utilizzando espressioni ingiuriose, di fatti può essere un atteggiamento lesivo semplicemente riferire delle falsità che possono avere risvolti negativi riferite ad un soggetto non presente alla conversazione. Ma quando sui social network vengono utilizzate delle espressioni violente si può sfociare nel fenomeno dell’hate speech.

Tale condotta infatti rientra nella categoria dei “crimini d’odio” poiché riversano su una determinata categoria di persone (di solito nei confronti di “minoranze” o determinati gruppi sociali) una scarica di odio e messaggi diffamanti per il solo motivo di appartenere a categorie classificate per la “differenza”, rispetto al soggetto scrivente, in base all’etnia,  religione, orientamento sessuale o per caratteristiche fisiche.

Tale fenomeno purtroppo negli anni ha subito un notevole incremento tant’è che il legislatore è intervenuto più volte per arginare il fenomeno, introducendo nel 2018 due articoli sul codice penale, ovvero sia l’art. 604-bis denominato “Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”  e l’art. 604-ter che prevede delle aggravanti del 604-bis.

Tali tutele hanno il fine di reprimere e scoraggiare condotte di hate speech, tutelare il soggetto che le subisce ponendo rimedi come la rimozione degli insulti, l’irrogazione di sanzioni in capo al soggetto agente e la previsione di un risarcimento per la vittima.

AntiHater.it

Leggi di più
Danno da diffamazione, come si quantifica?

Danno da diffamazione, come si quantifica?

Quali sono i criteri che si applicano per definire la cifra giusta da corrispondere ad un soggetto vittima di danno da diffamazione?

Tra i rimedi previsti dal danno da diffamazione vi è il risarcimento economico per ripagare la lesione del proprio onore e della propria immagine, ma come viene calcolato?

Il danno patito viene valutato in via equitativa, ovverosia definito in maniera equa dal magistrato tenendo conto del suo giudizio in relazione al caso concreto, anche sulla base di nozioni di comune esperienza.

La giurisprudenza ha stabilito dei criteri che devono tenere conto del caso concreto quali la gravità della diffamazione, l’estensione dell’illecito a seconda del mezzo usato e del suo bacino d’utenza effettivo e l’intensità dell’elemento psicologico.

Inoltre l’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano dal 2018 ha inserito, nella tabella di liquidazione dei danni da responsabilità extracontrattuale, una disamina sui “Criteri orientativi per la liquidazione del danno da diffamazione a mezzo stampa e con altri mezzi di comunicazione di massa”, per individuare criteri omogenei per liquidazione del danno da diffamazione in base a determinati parametri, proponendo cinque tipologie di gravità da diffamazione.

Dunque vengono prese in considerazione la notorietà del diffamante, l’eco che tale diffamazione provoca e se ha risonanza mediatica oltre che la diffusione dell’azione, un eventuale riparazione oltre agli effetti che tale condotta può avere sul soggetto diffamato.

Ecco qui elencati i gradi con le relative scale di livello:

1) diffamazioni di tenue gravità, connotate dalla ricorrenza dei seguenti parametri:
a) assente o limitata notorietà del diffamante
b) tenuità dell’offesa considerata nel contesto fattuale di riferimento
c) minima o limitata diffusione del mezzo diffamatorio
d) minimo o limitato spazio riservato alla notizia diffamatoria
e) assenza di risonanza mediatica
f) scarsa intensità dell’elemento soggettivo
g) intervento riparatorio / rettifica del diffamante
Per questa tipologia l’Osservatorio propone una condanna, in via equitativa, ad un importo risarcitorio ricompreso tra € 1.000,00 ed € 10.000,00.

2) diffamazioni di modesta gravità, connotate dalla ricorrenza dei seguenti parametri:
a) modesta notorietà del diffamante
b) limitata diffusione del mezzo diffamatorio (un solo episodio diffamatorio avente diffusione circoscritta)
c) modesto spazio riservato alla notizia diffamatoria
d) modesta risonanza mediatica
e) modesta intensità dell’elemento soggettivo
Per questa tipologia l’Osservatorio propone una condanna, in via equitativa, ad un importo risarcitorio ricompreso tra € 11.000,00 ed € 20.000,00.

3) diffamazioni di media gravità, connotate dalla ricorrenza dei seguenti parametri:
a) media notorietà del diffamante
b) significativa gravità delle offese attribuite al diffamato sul piano personale e/o professionale
c) uno o più episodi diffamatori
d) media/significativa diffusione del mezzo diffamatorio (diffusione a livello nazionale/significativa diffusione nell’ambiente locale di riferimento)
e) eventuale pregiudizio arrecato al diffamato sotto il profilo personale e/o professionale
f) natura eventuale del dolo
Per questa tipologia l’Osservatorio propone una condanna, in via equitativa, ad un importo risarcitorio ricompreso tra € 21.000,00 ed € 30.000,00.

4) diffamazioni di elevata gravità, connotate dalla ricorrenza dei seguenti parametri:
a) elevata notorietà del diffamante,
b) uno o più episodi diffamatori di ampia diffusione (diffusione su quotidiano/trasmissione a diffusione nazionale)
c) rilevante gravità del discredito ed eventuale rilevanza penale/disciplinare dei fatti attribuiti al diffamato
d) eventuale utilizzo di espressioni dequalificanti/denigratorie/ingiuriose
e) elevato pregiudizio arrecato al diffamato sotto il profilo personale, professionale e istituzionale
f) risonanza mediatica della notizia diffamatoria
g) elevata intensità dell’elemento soggettivo
Per questa tipologia l’Osservatorio propone una condanna, in via equitativa, ad un importo risarcitorio ricompreso tra € 31.000,00 ed € 50.000,00.

5) diffamazioni di eccezionale gravità: sono quelle in cui le lesioni sono ancor più gravi e per le quali l’Osservatorio propone una condanna, in via equitativa, al pagamento di un importo risarcitorio superiore a € 50.000,00.

Leggi di più

Conversazioni di Persona e Conversazioni Online, quali differenze?

Delle affermazioni sostenute di fronte ad uno schermo hanno effetti cosi diversi rispetto a quelli faccia a faccia?

Molto spesso notiamo come sui maggiori social network vi siano commenti di ogni genere, specie per quanto riguarda le notizie più calde e che dividono la critica.

Non tutti sanno però che, come nella vita reale, anche i mezzi di comunicazione virtuale impongono il rispetto di certe regole e di determinati comportamenti.

Di fatti un utente che si affaccia sul mondo digitale dovrà comunque rispettare, e ovviamente dovrà a sua volta veder rispettato, l’onore, la reputazione e la privacy degli altri soggetti che interagiscono con lui.

Molte volte il fatto di scrivere lontano dal nostro interlocutore non fa percepire il tenore delle parole che utilizziamo, e quindi ci sentiamo più distaccati e magari liberi di “esprimerci” rispetto quanto avremmo fatto in una conversazione faccia a faccia, ma non è esattamente cosi.

La violazione delle norme che impongono dei decorosi comportamenti sociali può avere diverse conseguenze anche sul web, si può partire da semplici sanzioni amministrative sino a sfociare in veri e propri reati.

Tra le varie condotte che potrebbero essere giudicate antigiuridiche si evidenzia come degli insulti riportati su una piattaforma di comunicazione possa configurare il reato di diffamazione, sempre che questo avvenga su bacheche pubbliche o contesti visibili da più utenti e non su chat private.

Infatti è sufficiente anche un solo commento cattivo e gratuito, che leda l’altrui reputazione, per far si che si commetta il reato descritto all’articolo 595 del codice penale, qual’è il motivo? Il commento come sopra descritto è considerato un reato perché un insulto o un’offesa riportati su un social network possono essere visibili da un moltitudine di persone ed in un tempo brevissimo, così che la permanenza dello stesso anche per pochi minuti può giungere ad un altissimo numero di potenziali utenti.

Il ragionamento dei Giudici italiani che ha portato a considerare rilevante e meritevole di tutela l’attività delittuosa sui social network e nel considerare la stessa come una vera e propria diffamazione ha iniziato a prendere piede già dal 2015 e si è andata via via consolidando nel tempo; ne consegue che oltre ad essere tutelata a livello penale la persona offesa ha diritto ad un risarcimento economico, come ristoro per la reputazione lesa, che viene considerato caso per caso a seconda di diversi fattori derivanti dal contesto in cui è avvenuta.

Leggi di più