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Omofobia: sai davvero cos’è?

Omofobia: sai davvero cos’è?

Definizione di omofobia

Dal dizionario italiano l’omofobia consiste nella paura irrazionale nei confronti di uomini e donne omosessuali.

È un fenomeno che ha origini molto antiche, proprio come la sua etimologia che si rifà al periodo greco, nonostante la parola sia stata coniata negli anni ’60 dallo psicologo americano G. Weinberg. Il termine omofobia significava infatti paura verso persone dello stesso sesso. Oggi come allora è un problema che affligge la società e si manifesta con una semplice battuta, fino ad aggressioni fisiche.

Da dove nasce?

L’omofobia nasce del principio che tutti debbano essere eterosessuali, basandosi su un finto credo che sostiene che l’omosessualità sia contro natura. Si crede che questa diversità possa essere pericola e pertanto vada eliminata dalla vita quotidiana. Quello che da ancora più da pensare è che esistono ancora oggi stati in cui l’omosessualità è condannata con la pena di morte.

Questa fobia trae nutrimento da pregiudizi, religione e politica e sfocia in atti discriminatori nei confronti di coloro che rientrano a far parte della categoria LGBT.

Chi colpisce?

L’omofobia colpisce anche chi si definisce omosessuale. È la paura di essere categorizzati ed etichettati come tali. È evidente che i comportamenti omofobici che portano a compiere azioni violente e discriminatorie non abbiano nulla a che vedere con una classica fobia, ma che siano comportamenti influenzati dalla società in cui si vive.

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Razzismo: sai davvero cos’è?

Razzismo: sai davvero cos’è?

La diversità mette a disagio. Questo è quanto di più vero si possa dire della società attuale. Ne è il perfetto esempio il dilagare del razzismo in ogni stato del mondo, dagli Stati Uniti, fino alla Svizzera.

Definizione di razzismo

Nessuno è escluso da questo fenomeno che, con una sintetica definizione, può essere così spiegato:

insieme di teorie e comportamenti basati su una supposta divisione dell’umanità in razze superiori ed inferiori. Il razzismo è sempre stato presente nella storia, basti pensare ai romani che definivano ‘barbari’ coloro che avevano una cultura ed una lingua differente.

Il razzismo oggi

Il razzismo che si vive ancora oggi è però più recente e vede il suo inizio con le scoperte coloniali, quando il progresso scientifico ed industriale, lascia indietro quello umano. Oggi si assiste continuamente a fenomeni di discriminazione verso chi è ‘diverso’ in qualcosa, che sia religione, nazionalità o classe sociale. Le persone che interagiscono con altre, sentono la necessità di rimarcare le differenze reciproche, andando a fomentare quelli che poi diventano veri e propri scontri verbali e fisici.

Come combattere il razzismo?

Esistono leggi contro la discriminazione razziale e in molti lottano per far fronte a questo grandissimo problema della società attuale. Quello che però si può fare è avere
una responsabilità personale nei confronti di chi viene etichettato come ‘diverso’, informandosi e viaggiando per comprendere che lo straniero non deve fare paura.

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il Disegno di Legge che va contro le discriminazioni

ddl Zan: il Disegno di Legge che va contro le discriminazioni

Il Disegno di Legge Zan è stato approvato il 4 novembre 2020, ed è poi finito nel dimenticatoio fino alla nuova ribalta che sta vivendo ora.

Fin dal principio è stato finte di discordie e pareri contrari. Se da un lato c’era chi gioiva per la vittoria conseguita, dall’altro si schieravano coloro che vedevano minata la loro libertà di espressione. Ma di che parla la Legge Zan?

Di cosa parla il ddl Zan?

Il ddl in questione deve il suo nome al deputato Alessandro Zan, da sempre sostenitore della comunità LGBT italiana. Si tratta di ‘misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza’ contro atti di violenza che vanno ad intaccare la sfera del sesso, del genere, dell’orientamento sessuale e dell’identità dell’essere umano. Sono previste pene come la reclusione fino a sei anni di carcere per reati come la propaganda razziale e religiosa.

Promuovere una cultura del rispetto

La Legge Zan nasce con l’intento di promuovere una cultura del rispetto verso ogni forma di ‘diversità’. Questo non toglie la libertà di esprimere la propria opinione su una determinata questione, come ribadisce la clausola salva idee, ma sembra trovare difficoltà nel riscontrare il consenso del Parlamento, che tarda a mettere in atto questo provvedimento. Se l’opinione pubblica premia il ddl come forma di protezione da discriminazioni e violenze, cosa servirà per convincere l’opposizione?

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ddl Zan: anche Fedez e Chiara Ferragni chiedono al senatore Ostellari di portare in aula la discussione

ddl Zan: anche Fedez e Chiara Ferragni chiedono al senatore Ostellari di portare in aula la discussione

Fedez insieme alla moglie Chiara Ferragni ha invitato le oltre 30mila persone collegate nella sua diretta Instagram con l’onorevole Zan, a firmare la petizione promossa su change.org e mandare una mail al Presidente della commissione giustizia del Senato, il senatore Andrea Ostellari, affinché sia messa in calendario la discussione in aula del ddl Zan.

Il ddl Zan, testo di legge vs l’omotransfobia al centro di numerosi dibattiti e polemiche sollevate nei giorni scorsi da esponenti politici di Lega, punta ad estendere la Legge Reale-Mancino alla protezione di Lgbt, donne e persone con disabilità. La legge oggi prevede aggravanti soltanto i reati fondati su nazionalità, origine etnica e confessione religiosa.

Le parole di Fedez e Zan nella diretta

«Il disegno di legge Zan non toglie diritti a nessuno, ma li dà a chi non ne ha». E’ questo in sintesi il pensiero di Fedez dopo aver interagito durante una diretta su Instagram con il deputato padovano del Partito democratico Alessandro Zan. «Bisogna spiegare che il rispetto verso le differenze è un valore, non un problema, quando rispetteremo le persone a prescindere dalle condizioni personali sarà una società più giusta – ha dichiarato Zan – È un paese civile quello che due persone non possano girare mano nella mano perché rischiano un’aggressione?», facendo riferimento a quanto accaduto pochi giorni fa nella metro di Roma ai due ragazzi gay aggrediti.

Firmare la petizione e contattare Ostellari

«E’ importante questa legge, che ha anche l’appoggio del Presidente della Repubblica, venga finalmente discussa e votata». Fedez insieme alla moglie Chiara Ferragni ha così invitato le oltre 30mila persone collegate a firmare la petizione promossa da Francesco Lepore, giornalista e capo redattore del sito Gay News Italia, che in soli tre giorni ha superato le 250mila firme sul portale Change.org, e poi mandare una mail al Presidente della commissione giustizia del Senato, il senatore Andrea Ostellari, per chiedere che sia messa in calendario finalmente la discussione in Aula. Il parlamentare Alessandro Zan ha poi insistito sul fatto che molte delle opposizioni sollevate attorno alla legge non hanno alcun fondamento poiché non sono nemmeno rappresentate nel disegno di legge.

Uniti si vince

In conclusione, proprio la mobilitazione degli artisti e dell’opinione pubblica potrebbe fare la differenza questa volta: lo schieramento contrario al ddl Zan potrà per un po’ bloccare la legge (anche se c’è l’appoggio della maggioranza in Parlamento), ma se fuori delle Camere si chiede di andare avanti, faranno molta fatica ad ostacolarne la discussione in Senato. Staremo a vedere.

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Gay aggrediti a Roma, denunciato il picchiatore.

Gay aggrediti a Roma, denunciato il picchiatore

I due ragazzi gay aggrediti solo perché si baciavano sulla banchina della metropolitana di Roma. La polizia è riuscita ad individuare il picchiatore che è stato quindi denunciato per lesioni personali e ingiurie.

La polizia è riuscita in poco tempo ad individuare l’identità dell’aggressore di Christopher Jean Pierre Moreno, 24 anni, attivista per i diritti degli omosessuali e rifugiato in Italia dal Nicaragua proprio in seguito a discriminazioni e minacce subite nel suo Paese d’origine, e Alfredo Zenobio, un suo amico con il quale si frequenta da qualche settimana.

Chi è l’aggressore?

Si tratta di un 31enne già conosciuto alle forze dell’ordine (ma senza precedenti penali) che anche in altre occasioni si è fatto riconoscere per alcuni comportamenti violenti, non però ai danni di gay. L’uomo vive e lavora a Jesolo, in provincia di Venezia, ma proprio la sera dall’aggressione era tornato a Roma per recarsi presso l’abitazione dei genitori ad Anguillara.

Nello stesso giorno era stato identificato due volte prima dalla Polizia di Venezia, in aeroporto, dove aveva litigato con una donna in seguito alla perdita di un volo per Roma nel pomeriggio, e quindi alla stazione di Mestre, dove si apprestava a salire su un treno per la stazione Termini dove è giunto alle 21.35 per poi prendere la metropolitana.

La denuncia

L’uomo è stato quindi denunciato per lesioni personali e ingiurie, data la violenta aggressione portata ai danni dei due ragazzi presi a pugni e calci, come testimonia in maniera chiara il video consegnato Lunedì mattina negli uffici del commissariato.

Inoltre l’aggressore rischia anche un’ulteriore pesante sanzione e denuncia per aver attraversato per due volte i binari della metropolitana, la prima per andare a picchiare i due giovani solo perché poco prima si erano scambiati un bacio e poi per allontanarsi in metro nella direzione opposta a quella delle vittime.

Velocizzare sull’approvazione della Legge Zan

Tale vicenda ha avuto ripercussioni anche soprattutto in ambienti politici, con il sollecito da più parti per una rapida approvazione in Senato del ddl di cui è relatore il deputato Alessandro Zan sul contrasto all’omotransfobia. E proprio sulla vicenda è intervenuta ieri la consigliera regionale del Pd Marta Bonafoni, dichiarando: «Il prossimo obiettivo comune è una legge, pronta, a cui teniamo moltissimo: la legge contro l’omolesbotrasnfobia. Lo dico all’indomani della notizia di un pestaggio di due ragazzi solo per essersi dati un bacio. Spero che la legge Zan faccia il suo corso anche a livello nazionale».

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Elodie e la sua risposta contro gli haters

Elodie e la sua risposta contro gli haters

La cantante, fresca star del Festival di Sanremo 2021, ha risposto con una serie di video stories su Instagram ai commenti degli haters sotto una sua foto, dove aveva 18 anni, al provino di X Factor.

Elodie Di Patrizi, famosa cantante e star dell’ultimo Festival di Sanremo, questa volta nelle vesti di conduttrice ha zittito i suoi haters con un botta e risposta andato in scena sui social, tra Facebook e Instagram, presa di mira dai commenti dei soliti haters che non hanno perso occasione per offenderla sotto una foto pubblicata dall’artista, nella quale aveva 18 anni e si trovava al provino di X Factor. 

In particolare, sulla sua pagina Instagram ha caricato alcune video stories per rispondere ai suoi odiatori.

“Trans”. “Rifatta”. “Guarda che vestiti”, sono solo alcuni degli attacchi subiti dalla cantante che ha successivamente risposto ai suoi haters in modo diretto e senza troppi giri di parole. Ecco le sue parole:

“Sono finita su un post di quando avevo 18 anni, del provino di X Factor e ho letto un po’ di commenti. Un po’ così, diciamo, senza senso. Qualcuno diceva ‘una piccola trans’. Non sono una trans, ma non credo sia un’offesa. È un’offesa? È brutto? Qual è il problema? Non capisco”, commenta la cantante attraverso alcune Instagram Stories. Ma non è finita qui: “Oppure qualcuno ha scritto ancora ‘Si vede che è cresciuta e si è rifatta come tutte le altre’. Non mi sono rifatta e pure se fosse, anche qui, i c***i vostri? Terzo, un’altra ‘È andata a fare il provino con dei vestiti, guarda’. Non avevo una lira. Mi sono messa un pantalone e una maglietta. Avevo 18 anni. Comunque tutto questo per dire che comunque ci stanno un sacco di str**zi fuori, frustrati a commentare il video di una ragazzina di 18 anni. Che tristezza infinita”.

Elodie 1. Haters 0.

Elodie ha così zittito i suoi haters che hanno messo a punto questi attacchi gratuiti nei suoi confronti. Inoltre ha dimostrato a tutti ancora una volta il suo talento sul palco dell’Ariston, destreggiandosi magnificamente tra canzoni, balletti e gag, raccontando anche il suo passato e la sua persona attraverso un monologo davvero toccante.

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Revenge Porn su Facebook e Instagram: Come proteggersi?

Revenge Porn su Facebook e Instagram: Come proteggersi?

Arrivano nuovi strumenti per proteggersi dal Revenge Porn su Facebook e Instagram, Questi sono stati sviluppati da Facebook, in collaborazione con il Garante della Privacy.

Noi di Antihater siamo da sempre al fianco delle vittime di Revenge Porn e forniamo il nostro supporto affinché ci possa essere maggiore giustizia sul web. Abbiamo parlato spesso di questo fenomeno dell’uso scorretto di immagini intime in rete e sui social e quasi sempre le vittime sono donne. Bene, da Facebook è finalmente arrivata una nuova iniziativa, insieme al Garante della Privacy per evitare che i propri scatti possano essere diffusi su Facebook e Instagram.

Ma come funzionano e come si possono utilizzare per stroncare sul nascere un attacco di Revenge Porn?

Un’enorme quantità di immagini intime rubate sul web

Purtroppo la quantità di immagini intime non autorizzate e rimosse dalla rete è in notevole aumento. Solo nell’ultimo quadrimestre del 2020, infatti, ammontavano a 28 milioni. Nella maggior parte dei casi per fortuna gli amministratori o le autorità sono intervenuti prima ancora che i diretti interessati, se ne potessero accorgere. Sono numeri spaventosi che danno l’idea di un fenomeno riguardante più di 2,60 miliardi di utenti nel mondo.

Come proteggersi?

Per iniziare a combattere seriamente questo fenomeno, Facebook nel 2019 aveva lanciato un pilot project (progetto pilota) per mettere un freno alla pornografia non consensuale, chiamato Non senza il mio consenso, in collaborazione con l’associazione no-profit “PermessoNegato”: un programma online su Facebook che fornisce supporto alle vittime di Revenge Porn attraverso strumenti ad hoc per chiedere la rimozione del contenuto da Facebook e impedire che venga visualizzato e condiviso da altre persone. Il Programma è stato creato insieme alla collaborazione di esperti del settore, all’interno del Centro per la sicurezza.

Segnalare non è mai stato così facile

Quindi oggi chi teme che siano state condivise delle proprie immagini intime o video intimi, oppure è stato vittima di Revenge Porn. Potrà utilizzare tale strumento e ed essere così aiutato a sottoporre in modo sicuro quelle foto o video a Facebook. Quest’ultimo creerà una firma digitale unica (composta da valori numerici che codificano l’immagine in modo che non sia riconoscibile a occhio nudo) del contenuto prima di distruggerlo e bloccherà possibili tentativi di pubblicazione sulle proprie piattaforme.

Qualora, invece, le foto o video siano già in rete senza l’autorizzazione del proprietario o del soggetto in questione, è sempre possibile segnalare l’accaduto a Facebook o su Instagram. Anche in questo caso le piattaforme faranno ricorso alla stessa tecnologia digitale per impedire la duplicazione e condivisione. Infatti l’intelligenza artificiale, tramite un algoritmo potrà anche “capire” quali immagini e video di nudo sono condivisi senza permesso su Facebook e Instagram e rimuoverli subito.

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L’attentato al Bataclan “una messinscena”: condannato per diffamazione

L’attentato al Bataclan “una messinscena”: condannato per diffamazione

Noto complottista del web negava la veridicità dell’attentato terroristico avvenuto a Parigi il 13 novembre 2015, dove perse la vita anche la giovane italiana Valeria Solesin. Condannato per diffamazione aggravata.

“Era tutta una messinscena

Rosario Marcianò è un noto personaggio sanremese, conosciuto sul web per i suoi “singolari” contenuti digitali nei quali afferma teorie complottiste in merito a fatti ed eventi rilevanti. Uno su tutti, quello che riguardava l’attentato terroristico al teatro Bataclan avvenuto il 13 novembre 2015, nel quale persero la vita 137 persone, tra cui anche la giovane veneziana Valeria Solesin.

E bene, secondo le folli teorie del complottista italiano, il tragico attentato corrisponderebbe soltanto ad una enorme messinscena organizzata con attori pagati e inesistenti vittime, come appunto Valeria Solesin.

Giustizia per la giovane Valeria

Per queste scioccanti affermazioni, la famiglia Solesin, rappresentata dal loro avvocato aveva sporto denuncia querela nel 2016 contro il sig. Marcianò, attendendo una prima udienza in Tribunale dopo 4 lunghi anni di indagini. Quest’ultimo è stato infine condannato in primo grado, a seguito di giudizio abbreviato, ad un anno di reclusione, oltre al risarcimento dei danni alle parti civili riconosciuto per ciascuna in 20.000 euro più le spese legali.

Errare è umano, perseverare è diabolico

C’è da dire inoltre che le vicende giudiziarie che riguardano il noto complottista non si concludono con il caso Solesin; infatti «Mister nò» fù anche denunciato per diffamazione dalla giornalista Silvia Bencivelli e venne condannato in primo grado nel 2018 a otto mesi di reclusione. Sentenza successivamente confermata nel 2020 in appello, per la quale lo stesso Rosario Marcianò si trova ora impossibilitato a fare ricorso in Cassazione.

E come se tutto ciò non bastasse, Marcianò sarà chiamato in causa anche per un nuovo processo a suo carico, previsto per il 27 maggio per le sue attività negazioniste sul Covid-19, come l’istigazione a delinquere durante la prima ondata della pandemia.

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Maestra licenziata per revenge porn, tre condanne al termine di due processi

Maestra licenziata per revenge porn: tre condanne al termine di due processi

Terminati i due processi per il caso della maestra d’asilo licenziata in seguito a revenge porn. Sono state condannate la direttrice dell’asilo dove lavorava e la mamma che ha diffuso le sue foto intime. Colpevole anche una collega della vittima.

Il fatto

Il fatto accadde tre anni fà, nel 2018 nell’area metropolitana di Torino. La maestra d’asilo inoltrò delle immagini intime al fidanzato. L’uomo ormai ex decise di condividere quasi tutto sulla chat della sua squadra per vantarsi della sua conquista.

Il tutto degenerò quando la moglie di uno degli uomini della chat intercettò il telefono del marito riconoscendo la donna, maestra nell’asilo di suo figlio. A questo punto minacciò la maestra di rivelare tutto alla dirigente se avesse fatto denuncia.

Alla fine la maestra decise di raccontare quanto accaduto alla dirigente, che a sua volta la invitò subito a licenziarsi poiché “incompatibile con il lavoro di educatrice”. Da quel momento iniziò una vera e propria guerra contro la giovane maestra, che portò la ragazza a rivolgersi alla procura di Torino, sporgendo querela contro tutti coloro che l’avevano ingiustamente colpevolizzata.

La direttrice dell’asilo

“Non darà le dimissioni, cercate di indurla a fare qualcosa di sbagliato così lo prendo come pretesto per mandarla via. Fatemi ‘sta cortesia, io non so più cosa fare. Ce l’ho a morte con lei e non voglio nemmeno vederla”. Sono queste le parole della direttrice, pronunciate in un file audio del gruppo Whats App dell’istituto, ascoltato in tribunale durante il processo.

Dai messaggi sembrerebbe quindi evidente che la direttrice chiedesse aiuto alle altre insegnanti per raggiungere il suo scopo: ovvero cacciare via la maestra per tutelare il buon nome dell’asilo e quindi metterla nelle condizioni di commettere errori.

Due processi e tre condanne

Dopo oltre due anni di processo, il Tribunale di Torino si è finalmente pronunciato, emettendo due sentenze e tre condanne. Una, la più pesante alla direttrice dell’asilo alla quale è stato inflitto un anno e un mese di reclusione con la condizionale, mentre per la mamma che aveva minacciato l’insegnante la pena sarà 12 mesi. In parallelo si è concluso anche il secondo processo, nel quale una collega della vittima è stata condannata a 8 mesi.

L’ex fidanzato che invece per primo diffuse nella chat degli amici del calcetto le immagini hard dell’ex fidanzata, innescando per primo il fenomeno del Revenge porn si dichiarò fin da subito pentito del grave gesto commesso, risarcendo i danni subiti dalla ragazza. Ora dovrà svolgere servizi socialmente utili per un anno.

Il danno non si cancella ma giustizia è stata fatta

“Quel che è fatto è fatto e il danno non si cancella. Ma almeno con questa sentenza è emersa la verità”. Il commento della giovane maestra dopo la pronuncia delle condanne del Tribunale di Torino. “Sono sollevata, so che andranno avanti facendo ricorso ma almeno abbiamo messo un punto fermo. Nessuno mi ha mai chiesto scusa e ancora adesso per colpa di questa vicenda non ho più trovato lavoro. Ma io voglio solo tornare a fare la maestra d’asilo”.

Sono parole forti (anche un po’ amare) ma allo stesso tempo incoraggianti perché rievocano quel senso di giustizia per tutte le vittime che hanno subito diffamazioni o violenze a causa di un attacco subdolo e scorretto come può essere quello del revenge porn.

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Odio online, il Trio Medusa vince la causa contro gli haters

Odio online, il Trio Medusa vince la causa contro gli haters

Una sentenza storica contro l’odio online sui social, il Trio Medusa vince la sua battaglia contro gli haters.

Una querela per diffamazione che si trasforma in una sentenza storica anti haters. E’ quello che è accaduto qualche settimana fa’ al tribunale di Pisa, dove un ex politico e blogger è stato condannato per diffamazione ai danni del Trio Medusa (Gabriele Corsi, Giorgio Maria Daviddi e Furio Corsetti). La notizia è stata rivelata dagli stessi attori attraverso una nota stampa, specificando che “la causa ha accolto una sentenza che, per la prima volta nella storia giuridica, ha sanzionato il concorso con ignoti, ovvero l’incitamento anche indiretto di altri utenti a manifestare dissenso, provocando nei fatti l’altrui diffamazione”.

La causa scatenante

Tutto ebbe inizio nel 2013, durante una delle puntate del programma su Radio Deejay “Chiamate Roma Triuno Triuno”, il Trio Medusa aveva ironizzato sul tema del signoraggio bancario. Il blogger, a seguito della diretta radio, nel suo blog aveva scritto: “Alcuni lettori ci hanno segnalato che il Trio Medusa in una rubrica trasmessa su Radio Deejay ha screditato il tema del signoraggio bancario […] inoltre hanno denigrato coloro che ne parlano: dipinti, in pratica, come poveri pirla”. “Invitiamo tutti i nostri lettori ad esprimere (in modo civile) dissenso per la trasmissione in questione allo staff del Trio Medusa, direttamente sulla loro pagina Facebook chiedendo al Trio Medusa di ‘rettificare’ in merito ad una questione sicuramente molto seria, sulla quale c’è ben poco da ridere”.

Gli haters in azione

Immediata è stata quindi la risposta degli utenti che con offese, minacce a titolo personale verso i tre conduttori e le loro famiglie e varie forme di odio online (che non stiamo quì a riportare), hanno invaso la bacheca dei conduttori costringendoli a denunciare l’accaduto.

Una sentenza storica vs l’odio online

La causa presentata dinanzi al Tribunale di Pisa si è conclusa con un importante vittoria a favore del trio. Infatti il responsabile della ‘shitstorm’ contro il Trio è stato condannato a 800 euro di multa e ad un risarcimento danni di circa 6mila euro, a cui si aggiungerà il risarcimento da liquidarsi in separato giudizio civile. Inoltre tale sentenza risulterebbe particolarmente importante poiché stabilisce non solo la responsabilità di chi offende sui social, ma anche di chi invita indirettamente a farlo, oltre a ribadire il concetto che ciò che è virtuale è anche reale.

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